Le mutilazioni genitali femminili in Sudan sono ancora molto diffuse. Basti pensare che nel 2018 il direttore del Centro Sima per la protezione di donne e bambini, Nahid Jabrallah, aveva stimato che circa il 65 per cento delle connazionali era stato sottoposto alle Mgf. Un sondaggio condotto anni prima, nel 2000, aveva calcolato che l’incidenza della pratica raggiungeva addirittura l’88 per cento. Le mutilazioni sono una pratica fondata su credenze tradizionali, tese a garantire onore familiare e opportunità di matrimonio. Gli interventi, ricorda oggi l’emittente Radio Dabanga, provocano però spesso infezioni che possono originare infertilità e complicazioni durante il parto. Secondo il ministero degli Esteri di Khartoum, la decisione rappresenta “uno sviluppo positivo importante”. Il riferimento, sul piano legislativo, con un nuovo articolo nel Codice penale, sarebbe al Capitolo 14 della Dichiarazione costituzionale sui diritti e le libertà approvata nell’agosto 2019. “Mi congratulo con il governo del Sudan per la criminalizzazione delle mutilazioni genitali femminili attraverso l’introduzione di un articolo specifico del Codice penale” ha scritto il viceministro degli Esteri Italiano Del Re sui suoi profili social. “E’ una svolta importante: il Sudan protegge la dignità e l’integrità delle donne”. Il viceministro ha aggiunto: “L’Italia è felice di lavorare con il Sudan per porre fine alle Mgf”.