Isabella Di Rienzo, siciliana di 32 anni, oltre ad essere una donna forte, tenace e coraggiosa è soprattutto una mia amica. La conosco da più di 20 anni dato che da ragazzini andavamo a villeggiare nella stessa località. Ho appreso di questa sua esperienza tramite Facebook dato che quotidianamente pubblicava foto e raccontava le sue emozioni facendole rivivere a noi da casa. Il cammino di Santiago è uno dei miei desideri. Una di quelle esperienze che sono sicuro cambi la visione e prospettiva della propria vita. Il problema è che ci vuole quasi un mese per percorrerlo (magari avessi così tanti giorni di vacanza e soprattutto il tempo), ma sono sicuro che un giorno metterò il mio zaino in spalla e saluterò tutti per un mese… Ma torniamo alla nostra Isabella. Apprendere di questa sua esperienza ha colmato il mio cuore di gioia e attraverso le sue foto è come se avessi percorso e vissuto anche io un pezzettino di cammino in sua compagnia e una delle prime cose che le ho scritto è stata: Quando torni promettimi che ci vediamo e che mi racconterai tutto. La promessa è stata mantenuta ed ora eccoci qui.
Isabella quest’estate hai compiuto il cammino di Santiago percorrendo la via francese. Come è nata l’idea di affrontare il Cammino Francese?
Fino a pochi anni fa nemmeno sapevo dell’esistenza del Cammino di Santiago non essendo
nemmeno una cattolica praticante. Il Cammino verso Santiago di Compostela non è più solo un pellegrinaggio religioso verso la tomba di San Giacomo ma rappresenta un viaggio dentro se stessi a 360 gradi. L’idea di affrontare il Cammino Francese è nata in un giorno d’ufficio come tanti altri, quando riflettevo sulla mia condizione di giovane laureata con un lavoro precario ed una serie di umiliazioni professionali. Sognavo di ritornare spensierata, di viaggiare e di immergermi nella natura che tanto mi mancava. Un giorno una mia amica mi parlò del Cammino e mi consigliò di vedere un film a riguardo dal titolo “The Way” – “Il cammino per Santiago”. E da quel momento la folgorazione. Ormai nella mia testa c’era solo il cammino e anche senza sapere quando, sapevo che prima o poi lo avrei percorso. Avevo già cominciato a organizzarmi con l’acquisto di una guida, l’iscrizione ad un gruppo Facebook, il prendere nota giorno per giorno dell’attrezzatura di cui avrei avuto bisogno e a leggere centinaia di post e di racconti che parlavano di questa formidabile esperienza. Ad aprile del 2018 e più precisamente il 12 aprile, il mio capo mi comunica che quella sarebbe stata la mia ultima settimana: Ero stata licenziata… Ecco il segno che aspettavo. Invece di demoralizzarmi e ad avercela con la vita, ho pensato che finalmente era giunto il momento di inseguire i miei sogni e di percorrere il cammino. Così senza pensarci su due volte, feci un biglietto di sola andata datato 15 maggio 2018 con destinazione Lourdes, uno dei luoghi più vicini e comodi per raggiungere il punto di partenza del Cammino Francese, Saint Jean Pied de Port.
Ma davvero sei partita da sola? Non mi ti ricordavo così coraggiosa.
Assolutamente SI Cesare! Ho sempre viaggiato in compagnia, ma questa volta sentivo dentro di me l’esigenza ed il desiderio di una ricerca interiore che avrei trovato solo percorrendo il cammino in solitudine. Il circondarci di persone la maggior parte delle volte è positivo perché ci permette di non pensare alle cose negative. Questa volta non volevo distrazioni e volevo vivere intensamente anche i pensieri più brutti perché solo vivendo intensamente un qualcosa alla fine lo si supera. Sono partita per Lourdes con solo il mio zaino in spalla e con tanta voglia di vivere e di riiniziare. Ero entusiasta e senza alcuna paura. Sapevo che tutto sarebbe andato per il meglio. Ho camminato 35 giorni dalla Francia a Santiago.
Era la prima volta che affrontavi un viaggio a piedi così lungo?
Sì, è stata la mia prima volta. Non sono mai stata una sportiva, non pratico sport ma amo molto il trekking e fare lunghissime passeggiate, quindi non trovavo così strano o impossibile il dover camminare. C’era un problema però: Una cosa è fare un’escursione di un giorno anche per più di 20 km, un’altra e farne 35 consecutive di 900 km!!! Santa incoscienza o pazzia! Mi sentivo una giovane marmotta alla scoperta del mondo che si è adattata, in luoghi a volte poco confortevoli, che ha dovuto accettare e affrontare gli imprevisti, i dolori, la tristezza che a volte può attanagliarti, ma anche una donna che si è lasciata andare alla gioia per le piccole cose – un pasto caldo, un letto a volte non troppo pulito, un sorriso, una colazione con pane, acqua e zucchero – o al desiderio di regalare un fiore o lasciare un messaggio scritto a qualche pellegrino bisognoso di conforto e affetto. Ero una donna sola ma sul Cammino Francese impari già dal primo giorno che non si è mai soli. Mi sono sentita al sicuro più in quei 900 km che nella mia città!
Cosa hai provato una volta arrivata a Santiago? E hai mai pensato che non ce l’avresti fatta?
Mi ricordo i primi giorni in cui percorrevo il cammino. La cattedrale di Santiago sembrava un miraggio. Tutti i pellegrini ne parlavano e sembrava così distante quasi fosse irreale. Una volta raggiunta la piazza, l’emozione è stata intensa e profonda. Vedere tanti pellegrini come me gridare di gioia e piangere, è un qualcosa che difficilmente dimenticherò nella mia vita. Dicono che il cammino sia suddiviso in tre stadi: il primo, con l’attraversamento dei Pirenei, rappresenta la nostra gioventù e quindi la forza e caparbietà nello scalare gli ostacoli; la parte centrale, le famigerate mesetas, degli altopiani piatti infiniti con poca ombra, raffigurano la maturità e la morte interiore prima della grande rinascita rappresentata dall’ultimo tratto verso Santiago. Sulle mesetas ho sofferto molto. Quel paesaggio sempre uguale sotto il sole cocente ti da l’idea di essere fermo sempre sullo
punto e i tuoi 30 km giornalieri non passano mai. Ti distruggono fisicamente e mentalmente. Sei costretto a pensare, a fare i conti con te stessa, a capire quale sia il motivo reale che ti abbia spinta a stare lì in quel momento, a 30 gradi sotto il sole, con la borraccia vuota ed i piedi fumanti. Un giorno su quelle mesetas ero esausta, un tendine dolente che ha raddoppiato il tempo di arrivo all’ostello. Mi trascinavo, sola mezzo al nulla. Non so come ma ce l’ho fatta e non appena arrivata in ostello ho pianto davanti l’hospitalera (colei che accoglie i pellegrini). Lei mi ha abbracciata. Io mi vergognavo, puzzavo di sudore, di fatica, di dolore. Ma lei non si è risparmiata. Ero a casa, non so dove precisamente, nemmeno ricordo il nome del paesino, ma mi sentivo a casa con altri fratelli e sorelle. Quelle mesetas le ringrazio perché mi hanno temprata. Ho davvero percepito la sete perché assetata, la fame perché affamata, la solitudine, il dolore, il miraggio di un arrivo. In realtà la mia mèta finale non era Santiago. Il mio non era un cammino religioso. La mia fine, che poi sarebbe stato il mio inizio e la mia rinascita, era l’oceano di Finisterre, la fine della terra. Il solo pensiero di immergermi per la prima volta in un oceano mi inebriava e mi dava un senso di pace e liberazione.
Qual è stato il momento più emozionante?
Ce ne sono stati davvero tanti. Quello che ricordo in maniera più viva è stata una sera trascorsa in una chiesa – ostello. Dopo aver cucinato tutti insieme, i giovani hospitaleros ci hanno fatto riunire in chiesa per un momento di raccoglimento spirituale. Ci è stato chiesto di passarci una candela e di esporre, nella lingua che preferivamo, un pensiero della giornata, il motivo del nostro viaggio, un momento, un ricordo, un messaggio, qualsiasi cosa, anche il solo silenzio. Piangemmo tutti, perché la gioia o il dolore di uno era la gioia o il dolore di tutti. Ho capito il significato profondo di empatia. È stato in quel momento che per la prima volta ho espresso anche a me stessa il mio motivo del viaggio. Il mio cammino è per tutte le donne che devono sempre lottare per raggiungere i propri sogni. E proprio questo ho pensato quando, dopo circa 600 km, ho posato il mio sasso ai piedi della croce di ferro, uno dei punti più alti e simbolici del Cammino Francese. Così appuntai su un foglio: “Questo cammino è dedicato a tutte le Donne che devono lottare contro il mondo per realizzare i propri sogni. Per tutte quelle Donne che avrebbero voluto arrivare fin qui e non hanno potuto. Per tutte le Donne che non si sono mai arrese e hanno ostinatamente creduto nei propri sogni. A tutte quelle che sono cadute ed hanno avuto la forza di rialzarsi! Buon cammino a noi tutte“. Un altro momento emozionante è stato l’attimo in cui ho toccato il km zero a Finisterre, l’oceano, la fine del mio cammino. Lì, di fronte all’immensità del mare, ho capito di trovarmi di fronte all’ultima tappa del mio cammino. Ricordo ancora l’odore del mare e la sensazione di freddo non appena ho immerso i miei piedi nell’oceano. Scrutavo l’orizzonte dinnanzi a me, soddisfatta e felice di aver percorso quasi 900 km completamente da sola ma anche spaventata di cosa mi attendesse al mio ritorno. Cosa mi aspettava in Sicilia? Avevo perso il mio lavoro e avevo conosciuto tante persone squallide nella mia vita. Prima di partire vedevo tutto buio, mentre ora so che attorno a noi c’è tanta luce e che le cose importanti della vita sono in realtà quelle semplici. Un cielo stellato di notte. Una passeggiata e chiacchierata con un’amica. Ammirare il tramonto in riva al mare. Un tetto sulla testa ed un letto caldo e confortevole.
Come ti ha cambiato questa esperienza?
Il cammino mi ha cambiata nel profondo. Ti riporta ad una dimensione del “qui ed ora”, passato e futuro sono nulli di fronte all’attimo che stai vivendo carico di energia, carico di parole di altri pellegrini, di tante storie, di abbracci, di volti, emozioni. Il cammino ti ricorda che la tua casa può essere uno zaino di 7 chili e lì hai tutto quello che ti occorre. Ti insegna ad essere paziente, ad attendere, a comprendere che nella vita non si può avere tutto e subito, si devono fare delle scelte (in quale ostello dormirò stasera? Troverò un supermercato o bar per mangiare? Quale bivio prendere, il cammino classico o complementare?). Un ragazzo di Copenaghen alla mia domanda su quale fosse la ricompensa del cammino, mi ha detto che la ricompensa del cammino è il cammino stesso. Io lo consiglio a tutti, nessun escluso. Ho visto mamme o papà in viaggio con i propri figli,
ragazzi fidanzati, anziani, persone con animali e altre vestite da Gesù o da frate tibetano (ebbene sì anche questo capita di incrociare sul cammino). Alle donne suggerisco di partire sole, di non avere timore perché ritroverete voi stesse, le vostre energie e vi troverete tanti amici in più, tante persone di cuore pronte a sostenervi, ad aiutarvi e chissà, magari troverete anche la vostra anima gemella… le vie del cammino sono infinite!
Qual è stata la prima cosa che hai fatto appena tornata a casa?
Ho mangiato un ottimo piatto di spaghetti con le vongole in riva al mare in compagnia del mio migliore amico Alessandro che saluto. Quanto mi mancavano quei sapori mamma mia. E’ proprio vero che apprezzi le cose quando non le hai più 😉
Sono passati quasi 9 mesi da quell’esperienza. Cos’è che ti manca di più del cammino?
Il senso di libertà. Viviamo una vita scandita continuamente dall’orologio. Piena di impegni. Appuntamenti. Dove tutto avviene di corsa. Dove non abbiamo mai il momento di fermarci e di guardare il cielo. Questa è la cosa che più mi manca. Fermarmi. Senza telefonino, internet e TV. Solo io e i miei pensieri. Soltanto io, un prato, la notte e le stelle…
Elisabetta Di Rienzo
E voi miei cari amici avete un viaggio o un’esperienza da raccontare? Fatecelo sapere, contattateci, perché non c’è cosa più bella di condividere le proprie esperienze…